- Buona Santa Pasqua -

-Racconti-








Un piccolo Tir
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Dentro la grande officina, nei rumori musicali che scandiscono una costante automazione,  qualcosa di eccezionale nella sua normalità  sta  accadendo ed è  la nascita di un piccolo Tir. 
Sia chiaro, i Tir non nascono piccoli per poi crescere... perchè non sono altro che un insieme di pezzi che  vengono assemblati  da braccia umane e meccaniche, ma tutti quei  passaggi non sono sterili e possono farsi cure  atte a rendere possibile una forma di Vita. 

Nell'officina il clima è tiepido, i rumori che giungono dall'esterno sono attutiti e il nostro piccolo Tir può crescere, giorno dopo giorno, prendendo forma. Mentre ride, sobbalza e freme nei vari passaggi di lavorazione, pone   attenzione a tutto ciò che  lo circonda e cerca di  immaginare  quel mondo di cui  presto farà parte. 
Nei lunghi mesi necessari alla sua creazione, di voci ne ha ascoltate tante e lui pone attenzione a quelle dei colleghi anziani  tornati lì per aggiornarsi  e quelle umane che raccontano della  vita fuori. Sono voci preoccupate e parlano di guerra, di bombe e di vite spezzate. Lui non sa cosa sia la guerra ma inorridisce e vorrebbe zittirle. 

Qualche mese è trascorso e Tir è quasi pronto per essere consegnato. Ora che i rumori sono terminati, si può concentrare su altro.  Da qualche giorno ha acquisito una sensibilità nuova  che gli permette di percepire il vigore  delle sue ossa metalliche  e sentire  scorrere, come sangue, la linfa del  lubrificante che gli permetterà il movimento... sa anche di poter  contare sulla solidità di ogni suo singolo bullone e questo lo rende sicuro.
Ogni giorno sente in cuore, o in un luogo che ne fa le veci, un senso di potenza mai  immaginato e ne è  sorpreso e contento.  
E' bella la vita e lui contribuirà  a renderla migliore.

Il gran giorno arriva e il giovane Tir è pronto, perfetto,  lustro  e già in attesa davanti alla grande saracinesca che  lo  separa dalla  strada... è ancora buio ed è in quell'attesa  che accadde  qualcosa di  inimmaginabile... qualcosa  che gli umani chiamerebbero momento onirico. Nessuno creda che i tir non sognino perchè, vi assicuro,  lo fanno spesso e quel rumore-sbuffo che viene attribuito ai freni non è altro che un sospiro, un attimo di sospensione, un cuscinetto  fra il sogno e il reale.
Tir sta sognando il  suo primo viaggio... e  gli pare di vederlo entusiasmante, speciale, straordinario...  qualcosa che ricorderà nel futuro durante le  lunghe e noiose file autostradali che certamente  incontrerà.  Avesse già imparato a farlo, in questo momento emetterebbe  un lungo sospiro. 

Passa  di lì, proprio in quel momento, una Potenza... una delle tante, sempre all'opera, di cui l'umanità manco s'accorge,   capta il desiderio di Tir e  decide di soddisfarlo. I grandi miracoli sono inutili e il mondo si deve salvare da solo, pensa,  ma un attimo di gioia può favorire gli animi.   Sì.  

Il mattino arriva, la grande saracinesca s'alza e Tir esce per la prima volta nel sole. L'aria lo ubriaca di emozioni  e si sente talmente euforico da non notare il solletico che gli procurano gli adesivi sui fianchi. Sono grandi,  allegri e sotto la scritta  ad arco "bambini felici" ci sono manine dalle dita aperte e colorate  coi colori della bandiera della pace. 

Il carico è pronto, sono casse leggere e profumate che contengono  uova di cioccolato destinate a bimbi di tutto il mondo... bimbi  bianchi, neri, gialli, arancioni o rossi  che dovrebbero essere, per statuto,  sempre contenti. 
- Corri - gli  dicono sorridenti  la signora ed il signore   che le hanno donate -  debbono arrivare entro oggi. 
E il nostro Tir, orgoglioso di tanto incarico, parte deciso.  Corre, corre, corre mentre le campane,  in qualunque posto posteggi per consegnare il suo dolce carico, cantano a festa.  E ne hanno  ben  motivo:  è  il giorno di Pasqua. 



Sari  










La leggenda del salice

Gesù saliva verso il Calvario portando sulle spalle piagate la croce pesante.
Sangue e sudore scendevano a rigare il volto santo coronato di spine.
Vicino a Lui camminava la Madre, insieme ad altre pie donne.
Gli uccellini, al passaggio della triste processione si rifugiavano, impauriti, tra i rami degli alberi.
Ad un tratto Gesù stramazzò al suolo. Due soldatacci armati di frusta, si precipitarono su di Lui, allontanando la Madre che tentava di rialzarlo - - Su muoviti! E tu, donna, stattene da parte -
Gesù tentò di rialzarsi ma la croce troppo pesante glielo impedì.
Era caduto ai piedi di un salice e cercò inutilmente di aggrapparsi al tronco. Allora l'albero pietoso chinò fino a terra i suoi rami lunghi e sottili perché potesse, afferrandosi ad essi, rialzarsi con minore fatica.
Quando Gesù riprese il faticoso cammino, l'albero rimase coi rami pendenti verso terra...  perciò fu chiamato "salice piangente".

















Il leprotto di Pasqua
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dal libro  "Festeggiare la Pasqua con i bambini"


C' erano una volta un papà leprotto ed una mamma leprotto, che avevano sette leprottini e non sapevano quale sarebbe diventato il vero leprotto di Pasqua. Allora mamma leprotto prese un cestino con sette uova e papà leprotto chiamò i leprottini. Poi disse al più grande: Prendi un uovo dal cestino e portalo nel giardino della casa, dove ci sono molti bambini.
Il leprotto più grande prese l'uovo d'oro, corse nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco, corse per il prato e giunse al giardino della casa. Qui voleva saltare oltre il cancello, ma fece un balzo così grande e con tanta forza che l'uovo cadde e si ruppe. Questo non era il vero leprotto di Pasqua.

Ora toccava al secondo. Egli prese l'uovo d'argento, corse via nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco, corse per il prato; allora la gazza gridò: Dallo a me l'uovo, dallo a me l'uovo, ti regalerò una moneta d'argento! E prima che il leprotto se ne accorgesse la gazza aveva già portato l'uovo d'argento nel suo nido. Neanche questo era il vero leprotto di Pasqua.

Ora toccava al terzo. Questi prese l'uovo di cioccolato. Corse nel bosco, attraversò il ruscello, uscì dal bosco e incontrò uno scoiattolo che scendeva, saltellando, da un alto abete. Lo scoiattolo spalancò gli occhi e chiese: Ma è buono l'uovo? Non lo so,  rispose il leprotto. Lo voglio portare ai bambini. Lasciami assaggiare un po! Lo scoiattolo cominciò a leccare e poiché gli piaceva tanto, non finiva mai e leccò e mangiucchiò pure il leprotto, fino a che dell'uovo non rimase più nulla; quando il terzo leprotto tornò a casa, mamma leprotto lo tirò per i baffi ancora pieni di cioccolato e disse: Neanche tu sei il vero leprotto di Pasqua.

Ora toccava al quarto. Il leprottino prese l'uovo chiazzato. Con quest'uovo corse nel bosco e arrivò al ruscello. Saltò sul ramo d'albero posto di traverso, ma nel mezzo si fermò. Guardò giù e si vide nel ruscello come in uno specchio. E mentre così si guardava, l'uovo cadde nell'acqua con gran fragore. Neanche questo era il vero leprotto di Pasqua.

Ora toccava al quinto. Il quinto prese l'uovo giallo, corse nel bosco e, ancor prima di giungere al ruscello, incontrò la volpe, che disse: Su, vieni con me nella mia tana a mostrare ai miei piccoli questo bell'uovo! I piccoli volpacchiotti si misero a giocare con l'uovo  finché questo urtò contro un sasso e si ruppe. Il leprotto corse svelto svelto a casa, con le orecchie basse. Neanche lui era il vero leprotto di Pasqua.

Ora toccava al sesto. Il sesto leprotto prese l'uovo rosso. Con l'uovo rosso corse nel bosco. Incontrò per via un altro leprotto. Appoggiò il suo uovo sul sentiero e presero ad azzuffarsi. Si diedero grandi zampate, e alla fine l'altro se la diede a gambe. Ma quando il leprottino cercò il suo uovo, era già tutto calpestato e ridotto in mille pezzi. Neanche lui era il vero leprotto di Pasqua.

Ora toccava al settimo. Il leprotto più giovane ed anche il più piccolo. Egli prese l' uovo blu. Con l'uovo blu corse nel bosco. Per via, incontrò un altro leprotto, ma lo lasciò passare e continuò la sua corsa. Venne la volpe. Il nostro leprotto fece un paio di salti in qua e in là e continuò a correre, finché giunse al ruscello. Con lievi salti lo attraversò, passando sul tronco dell'albero. Venne lo scoiattolo, ma egli continuò a correre e giunse al prato. Quando la gazza strillò, egli disse soltanto: Non mi posso fermare, non mi posso fermare! Finalmente giunse al giardino della casa. Il cancello era chiuso. Allora fece un salto, né troppo grande né troppo piccolo, e depose l'uovo nel nido che i bambini avevano preparato.
Questo era il vero leprotto di Pasqua!

















Monte Faìto
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Liliana Batà-Napoli 21 marzo 2013

Non le aveva mai viste dormire, le fate del bosco. Rimase a guardarle stupito ed incuriosito Matteo. Erano minuscole quanto un mignolo e dormivano ai piedi di un mandorlo ancora scheletrito per il freddo invernale ma che a guardar bene, mostravano sui rami dei piccoli rigonfiamenti, le gemme. Era la notte del ventisette marzo e prima di andare a letto la  mamma gli aveva raccomandato di non aprire l’uovo di cioccolata prima della Pasqua, ma lui non riuscì a resistere alla tentazione di aprirlo subito, e la sorpresa fu stupenda per lui che non avrebbe mai immaginato di trovarvi  le fate addormentate. Ora doveva nascondere l’uovo aperto anzitempo  per non incorrere in un severo rimprovero.
La mattina seguente  si accorse che il pulmino della scuola tardava a passare ed accostandosi alla finestra della sua grande cucina, dove il nonno era innanzi al grande camino per aggiungere legna al fuoco, si accorse della imponente nevicata.
 “Nonno - chiamò meravigliato Matteo - ma possibile che l’inverno si faccia ancora sentire? Sembra quasi d’aspettare il Natale, altro che Pasqua!”
“ ‘E trenta ‘e maggio, ‘a vecchia mettette ‘o trapanature  a ‘o fuoco!”- gli rispose il nonno napoletano spiegando che il proverbio diceva che il trenta maggio la vecchia per il freddo mise nel camino l’arcolaio, perché era finita tutta la legna.  “Quindi – aggiunse -  persino a maggio ci si può aspettare la neve… non dimenticare che qui, siamo sul Monte Faìto!  Il tuo pullmino della scuola non passerà, questa non è una semplice nevicata ma una vera tormenta”.
Matteo rimase a lungo dietro i vetri della finestra, da dove poteva vedere il bosco di faggi sommerso da spessi  strati di neve, dai tetti spioventi delle rade case lontane, moccoli allungati di ghiaccio pendevano piangendo.   ”Nonno - chiese, continuando a guardare da dietro i vetri della finestra - sono mai nate qui , le stelle alpine?”
“No…“ rispose il nonno indaffarato tra lo scoppiettio delle scintille dell’ultimo ciocco.
Il ragazzo se ne tornò nella sua camera quasi rabbrividendo ma subito il pensiero del suo magico uovo di cioccolato lo consolò: lo aveva ben richiuso ed incartato come se non l’avesse aperto ma la voglia di rivedere le fatine  fu grande, sciolse quindi nastrini e carte argentate e le rivide.  Strano il loro modo di dormire: erano tre fatine, sedute a terra ed abbracciate alle loro stesse piccole gambe piegate, col capo tuffato nel grembo. Una era la più grande, sia per l’altezza che per la corporatura piuttosto esile ma  con le forme d’una donnina, le altre due che le dormivano ai lati, erano proprio fate-bambine. Avevano chiome fluenti e morbidamente ricce, quella centrale aveva riccioli rossi, poi le fatine che le dormivano ai lati, una era biondissima e l’altra bruna,” Chissà quando si risveglieranno - pensò” ma non aveva ancora terminato quel pensiero che subito notò che alcune gemme del mandorlo avevano bucato il ramo e dei fiorellini bianchi s’erano  aperti…  ”Possibile che prima non li abbia visti? Possibile che siano fioriti proprio adesso?”   E  in quello stesso istante in cui si rivolse queste domande avvenne un altro fatto strano: la fatina dormiente, dai capelli rossi, sollevò il capino ricciuto, stese le braccia verso l’alto per stiracchiarsi ben bene, fece un grande  sbadiglio, sbatté  forte le ciglia dei suoi occhi belli, si guardò intorno ed infine si alzò. Subito si distesero le sue bellissime ali colorate di farfalla e batté forte le belle manine così che fece risvegliare le due fate-bambine.  ”Presto presto - sentì dire Matteo -  si va tra gli alberi a risvegliare i fiori ed i prati…”   Poi guardò il ragazzo che appariva sorpreso ed un po’ impaurito… gli sorrise ed aggiunse  “Non temere, io sono la Primavera…”
Detto questo si avviò verso la finestra seguita dalle due fatine bambine ed essendo evanescenti  come fantasmi, attraversarono tranquillamente  i vetri della finestra e Matteo le vide volare come deliziose farfalle e tutto rifioriva al loro passaggio, tanto che  si affrettò ad aprire la finestra e si estasiò dei profumi di tutti i fiori che sbocciavano e coloravano i ciuffi d’erba ed i rami degli alberi.  In pochi momenti sparì la neve ed il freddo, sentì il canto festoso degli uccellini appena nati nei nidi nascosti .Si risvegliarono gli scoiattoli ed i ghiri, le marmotte, le lucertole, udì il picchio battere col becco il ramo d’un faggio, ed udì il canto del cuculo che rimbalzava di eco in eco fra le pareti del monte Faito.

Giunse la Pasqua. “Nonno” - chiese Matteo mentre si era  tutti  a tavola  - “perché qui non fioriscono le stelle alpine?”
“Perché le stelle alpine fioriscono ad altezze elevate, ossia sulle Alpi… - rispose il nonno - il nostro Monte Faito è alto solo poco più di mille metri…"
“Ma ora è il momento d’aprire l’uovo di cioccolata - intervenne la mamma - Matteo vediamo un po’…"
”Matteo esitava e temeva che la mamma si accorgesse che ormai il suo uovo era privo di sorpresa, quindi finse di scartarlo ma… lo si vide sgranare gli occhi allorchè l’uovo si aprì in due parti mostrando un mazzolino di fiori sconosciuti le cui corolle di panno chiaro come la neve,  avevano petali  appuntiti  a forma di stelle… “Oh le stelle alpine! -esclamò felice - grazie fatine! mormorò poi, sottovoce.


                             







Due fratelli
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http://www.poesie.reportonline.it/racconti-di-pasqua/index.html


C'erano una volta due fratellini che si chiamavano Gianni e Mattia e si volevano molto bene.
Passavano insieme tutto il tempo, giocavano insieme, e sempre cantavano una canzoncina che loro stessi avevano inventato e che diceva così:
storno stornello, la luna s'è accesa per Maria che cuce una camicia al Bambinello.

Passarono gli anni e i due fanciulli divennero che uomini e persero i genitori; poco dopo la morte di questi ebbero una lite a causa dell'eredità e divennero nemici. Separarono le loro case, e, mentre Gianni viveva al piano, Mattia si trasferì sul monte.
Era il tempo della Pasqua e Mattia, nella sua casa montana, fece tutti i preparativi per le sante feste.
La sua casa brillava come uno specchio e sulla tavola erano disposti i pani, le uova, la torta pasquale, affinché il prete li benedicesse...
E Mattia, indossato il più bel vestito e preparata un'offerta da fare al Signore, attese la benedizione. .
Ma come poteva la benedizione arrivare sino a lui, se si era dimenticato di riconciliarsi con suo fratello?
Il Signore, infatti, desidera prima di ogni cosa che gli uomini onorino le feste stando in pace e in concordia tra di loro.
Perciò, passarono le ore e discese la notte, ma la benedizione pasquale non venne alla casa di Mattia:.
Pensando che a causa della distanza e dell'altezza il prete avesse tralasciato la sua casa, triste e solo Mattia si accinse alla cena. Ma quando portò alla bocca il cibo, si accorse che i pani, le uova e la torta pasquale e tutte le buone vivande che aveva preparate, si erano trasformate in sassi.
Cosi Mattia capi di non essere in grazia del Signore, ma non ne trovò il motivo.
Poco dopo senti bussare all'uscio; nascose in fretta i cibi pietrificati e apri.
Era un vecchio viandante sorpreso dalla tempesta, che chiedeva ospitalità.
Infatti il cielo, poco prima sereno, si era tutto rannuvolato, il vento della bufera si era levato e la terra fu in preda della pioggia e delle raffiche.
Mattia accolse il viandante e si scusò con lui di non avere alcuna provvista.
Devi accontentarti di una seggiola e di un letto gli disse.
E sia lodato Iddio che me li concede e grazie a te per la tua bontà rispose il viandante.
Era un uomo magro che sorrideva spesso e guardava con occhi profondi.
Da dove vieni? chiese Mattia.
Vengo da molto lontano - disse l'uomo.
Ho girato molte terre e ho visto celebrare la Pasqua in molti luoghi. Il mio cuore è pieno di gioia, perché mi pare che oggi tutti gli uomini siano buoni e felici.
Non io disse allora Mattia, pieno di tristezza.
E perché mai? Domandò il viandante.
Hai una bella casa, un bel vestito. Il tuo viso aperto e sano rivela che anche il tuo spirito è ricco di doni celesti; perché dunque non sei felice?
Veramente, - continuò il viandante - gli uomini non sono mai contenti. Anche un'altra casa ho visitato quaggiù al piano,-in cui dovrebbe regnare la letizia; figurati che essa è' allietata pure da due graziosi figlioletti . uno dei quali è nato proprio ieri. Eppure il padrone di quella casa era triste, cupo, pareva quasi che una sciagura incombesse su di lui. Se il suo figliolo non mi avesse rallegrato cantando alcune belle canzoncine, davvero la mia visita sarebbe stata assai triste.
Una specialmente ricordo di quelle canzoncine...
Com'è? - chiese Mattia col fiato sospeso.
Mi pare che sia cosi:

Storno stornello la luna s'è accesa per Maria che cuce una camicia al Bambinello.

A Mattia batté il cuore perché in quel minuto capi. Il viandante sorrise e gli disse addio.
Mattia si decise e si preparò a scendere al piano. Mise in una bisaccia i cibi di pietra per gettarli nel torrente, e usci. Aveva fatto pochi passi, quando la pioggia tempestosa cessò e da un punto all'altro del cielo si tese un grande arcobaleno.
Arrivato al torrente, fece per gettarvi le pietre che aveva nella bisaccia, quando si accorse che i cibi pasquali avevano ripreso tutta la loro freschezza. Ed allora lodò Dio.
Cosi arrivò alla casa del fratello. Questi, appena lo vide, senza dir parola, gli apri le braccia e il loro abbraccio bastò a cancellare ogni ombra di rancore e di tristezza.
Tutti si raccolsero intorno al bambino nella culla. Poi cenarono coi cibi portati da Mattia e mai avevano gustato cibi più saporiti.
E fu una Pasqua tra le più felici.
Più tardi, quando Mattia rientrò nella sua casa del monte accompagnato da Gianni, senti un odore d'incenso. Chi dunque era entrato a benedire se la porta era chiusa?
Nell'entrare essi intravidero nella penombra un leggiero lembo celeste e stellato, che scompariva dietro l'uscio; forse era il vestito di un angelo.
Cosi la benedizione pasquale fu portata anche nella casa di Mattia.

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