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Grazie Chicchina Acquadifuoco del nostro meraviglioso sud che sa conservare le tradizioni
Benedire, è chiedere a Dio protezione e grazia, e quale luogo ha maggiormente bisogno di essere raccomandato a Dio delle nostre case, affinchè vi regni un amor perfetto? Questa bella usanza in molte città si va perdendo perchè, purtroppo, le case sono ormai troppe per i pochi sacerdoti d'oggi.
I giovani forse non sanno quanto fosse atteso da tutti il momento della benedizione pasquale nelle case. Lo era da chi aveva fede e da chi non l'aveva.... e questi ultimi non per via di quel "non si sa mai" che mette al riparo, o per superstizione, ma per la gioia della visita di un personaggio importante, perchè così era considerato il sacerdote nelle epoche passate... e questo incontro rallegrava tutta la famiglia.
Nella mia casa di fanciulla, i giorni che precedevano la benedizione pasquale erano caratterizzati da un grande fermento. La mamma, in quella occasione, non lasciava neppure il più piccolo spazio della casa senza una bella ripassata ed a Pasqua tutto splendeva e profumava di sapone e cere.
In quei giorni di frenetico lavoro, ognuno aveva i suoi compiti. Il babbo smontava le tende e puliva le parti alte degli armadi, la mamma dirigeva, lavava, stirava, riparava... e a noi figli toccava sempre l'odiato incarico: spolverare.
Anche i cassetti venivano svuotati, ripuliti, riordinati e quest'ultima incombenza l'avrei voluta per me perchè i cassetti m'incuriosivano per via di quei misteri che gli adulti celano ai piccoli e per quegli oggetti dimenticati, o che si pensavano persi, che riapparivano come conigli dal cilindro del prestigiatore.
Naturalmente la mamma non era d'accordo nel lasciarmi frugare fra scartoffie, documenti e santini ed io le stavo alle spalle intralciandole il lavoro.
Fra ricevute e documenti, vedevo spuntare cartoline in bianco e nero, biglietti ripiegati e immaginette sbiadite di santi su pizzi di carta. E poi c'erano le memorie dei defunti con la foto al centro e le due date vicine, dove l'assunto in cielo era quasi sempre irriconoscibile per via della scelta di ritrarlo, a futura memoria, giovane. Mi sono sempre chiesta come si potesse associare il ricordo dello scomparso a quello sconosciuto...
In una scatola di latta, orfana dei biscotti che aveva contenuto, la mamma conservava foto piccine e scure, divise in piccoli pacchetti di carta velina. Da lì, persone anziane col viso di porcellana guardavano con occhi severi gli incauti profanatori di scatole. Chi erano mai? Parenti, amici di gioventù, diceva la mamma che non poteva sostare troppo fra i ricordi e, ordinata e veloce, separava, aggiungeva, toglieva secondo un nuovo ordine che si traduceva in mucchietti ben allineati sul letto matrimoniale.
Fra le altre, ricordo la foto di una persona in abiti femminili con un paio di baffi scuri sul labbro superiore. Una cara zia materna le somigliava parecchio ed aveva anche lo stesso nome, ma non era sicuramente lei perchè i baffi mica li aveva. Poi il dubbio mi face immaginare la vecchia zia radersi ogni mattina come faceva il babbo... Ah, dovevo smetterla di trastullarmi con quel pensiero per non offendere, neppure in segreto, la cara zia ma da quel giorno, ogni volta che venne a farci visita, tenni d'occhio il suo labbro superiore dove non colsi mai prova alcuna a suffragare il mio sospetto.
Beh, non fosse stato per tutto quel lavorìo, per la fatica e quell'aria di disastro che pareva incombere su quelle parti della casa che non fossero state pulite a fondo, la visita del parroco avrebbe rappresentato solamente l'eccezione fra i lenti giorni tutti uguali. Ma eccezionale era sicuramente la mamma che, sfinita da tanto lavoro, apriva la porta di una casa immacolata al parroco, sorridente e tranquilla come si fosse appena alzata dalla poltrona.
(Sari)
I miei ricordi del giorno di Pasqua non sono particolari. Messa solenne lunga lunga con inaugurazione dei vestiti primaverili anche se pioveva o faceva freddo perchè, diceva mia nonna, era il giorno in cui bisognava sgusciare fuori dai cappotti. Poi gran pranzo tutti insieme a casa di mia nonna come in tutte le feste importanti.
I miei ricordi più belli sono però per i giorni precedenti la Pasqua quando c' erano le visite ai Santi Sepolcri.
Ogni chiesa allestiva una cappella a simulacro del Santo Sepolcro con tappeti, candele, lumini e vasi di fiori.
Le chiese più belle e ricche avevano tanti fiori, che all' epoca non erano così comuni , le chiese povere di periferia avevano pochi vasi fioriti e tanti vasi di edera e di grano bianco. Il grano bianco era grano comune, coltivato al buio, che assumeva un colore diafano, quasi bianco.
La visita ai Sepolcri era come un piccolo pellegrinaggio perchè bisognava visitarne almeno tre o molti di più, ma sempre in numero dispari.
Quando si scioglievano le campane era uso lavarsi gli occhi con acqua corrente, anche in strada si vedevano le persone avvicinarsi alle fontanelle.
(Mama da Torino)
La mattina di Pasqua si faceva colazione con la crescia brusca, la crescia dolce, l'uovo benedetto sodo, qualche fetta di salame e il tutto bagnato con un po' di vermouth di cui anche noi bambini potevamo averne qualche goccia, quel tanto che bastava a farci aspettare la Pasqua per il resto dell'anno.
Alle nove andavo alla messa a san Domenico con nonno nei banchi di legno dietro l'altare, tra gli uomini.
(Massimo da Urbino)
A Firenze per Pasqua c’è lo scoppio del carro non mi dilungo, ma troverai tutte le curiosità nel link. In casa nostra la Pasqua è sempre stata festeggiata in casa e mai fuori, con le uova benedette e scambiandoci qualche ciocca di ulivo benedetto.
Il cibo era a base di agnello in forno con patate e cotolette di agnello fritte.
Della serie che per sei mesi l’agnello era bandito da tavola altrimenti belavamo!
Non ricordo niente di particolare se non qualche uova di cioccolato.
(Arcangela da Firenze)
In casa mia solo le nonne erano pie e seguivano gli eventi sacri, ricordo la visita delle 7 chiese come un pellegrinaggio stancante e noioso, ma ero piccola. Poi c'era l'ulivo benedetto e le uova sode, poi io mi sono dimenticata di tutto e oggi non seguo più.
(Sticla da Firenze)
La mattina di Pasqua, a colazione, nella mia casa di ragazza, si mangiava l'uovo sodo benedetto seguito dalla ciambella bolognese che la mamma aveva cotto il giorno prima nella bottega del fornaio. Ricordo le vigilie di Pasqua e le donne con le teglie in mano, coperte da un canovaccio, che portavano i piatti festivi a cuocere, ognuna con le raccomandazioni per una particolare cottura.
A pranzo si mangiavano lasagne verdi bolognesi, gli arrosti e le novelle verdure della stagione buona. In quel giorno si "spianava" il nuovo tailleur estivo e si andava a Messa tutti insieme. Tutti tranne il babbo che non vedeva di buon occhio la chiesa ma taceva per non dar troppo dispiacere alla mamma.
(Sari da Bologna)
Il ricordo della Pasqua di quand'ero piccola ha due facce: una tristissima e l'altra che era uno scoppio di felicità e commozione anche perchè era finita una tristezza che mi faceva soffrire parecchio ( il calvario di Nostro Signore è una delle storie più truci che abbia mai sentito...), comunque da noi, durante la settimana santa prima della Resurrezione, non si poteva cantare, c'erano i Sepolcri da visitare, chiese buie e donne scure in preghiera e al centro lumini e piatti di grano tenero fasciato da nastri colorati.
Poi ricordo l'esplosione di gioia allo scampanio festoso quando si annunciava la Resurrezione, per me era come liberarmi da una cappa nera pesante, tanto la drammatizzazione della morte di Gesù Cristo era così sentita dalla bambina che ero.
Poi c'era il pranzo di Pasqua che era modesto ma buonissimo: orecchiette, agnello al forno con patate, carciofi fritti tenerissimi e scarcelle con le uova.
(Tinal, barese or milanese)
Nel Veneto per tre giorni le campane non suonavano e per indicare l'inizio della Messa, a mezzogiorno e per l'Ave Maria, si suonava la "racoeta". Uno strumento di legno sonoro che facendolo girare imitava la raganella. Specialmente a mezzogiorno davanti la chiesa c'era un parapiglia tra ragazzini per suonarla, con grande fatica del sacrestano che diceva loro: "Perchè la mattina alle 5.00 non c'è mai nessuno?" Allora l'Ave Maria mattutina si suonava così presto, non come adesso che qui a Roma non si può suonare prima delle 8.00. Il suono delle campane disturba mentre a me mette tanta allegria, a qualunque ora.
Un'altra cosa che ricordo è che alle ore 10.00, quando scioglievano le campane, tutte le mamme con bambini da 9 mesi in su facevano loro attraversare la strada con i piedini per terra e tenendoli sotto le ascelle. Così avrebbero cominciato a camminare presto.
A Pasqua si mangiava e si mangia tuttora l'agnello.
Qui a Roma si mangia l'abbacchio e la coratella d'abbacchio con i carciofi.
Anche da noi si facevano i "Sepolcri". Ora hanno cambiato loro il nome e lo chiamano "Altare della Deposizione". Qui a Roma si visitano ancora in numero dispari. Confondono la Fede con la tradizione (io la chiamerei superstizione)
Mia mamma, il giorno delle Palme, mi faceva indossare un vestito (di solito era un tailleur oppure vestito e soprabito) primaverile nuovo.
(Solare, una veneziana a Roma)
Benedire, è chiedere a Dio protezione e grazia, e quale luogo ha maggiormente bisogno di essere raccomandato a Dio delle nostre case, affinchè vi regni un amor perfetto? Questa bella usanza in molte città si va perdendo perchè, purtroppo, le case sono ormai troppe per i pochi sacerdoti d'oggi.
I giovani forse non sanno quanto fosse atteso da tutti il momento della benedizione pasquale nelle case. Lo era da chi aveva fede e da chi non l'aveva.... e questi ultimi non per via di quel "non si sa mai" che mette al riparo, o per superstizione, ma per la gioia della visita di un personaggio importante, perchè così era considerato il sacerdote nelle epoche passate... e questo incontro rallegrava tutta la famiglia.
Nella mia casa di fanciulla, i giorni che precedevano la benedizione pasquale erano caratterizzati da un grande fermento. La mamma, in quella occasione, non lasciava neppure il più piccolo spazio della casa senza una bella ripassata ed a Pasqua tutto splendeva e profumava di sapone e cere.
In quei giorni di frenetico lavoro, ognuno aveva i suoi compiti. Il babbo smontava le tende e puliva le parti alte degli armadi, la mamma dirigeva, lavava, stirava, riparava... e a noi figli toccava sempre l'odiato incarico: spolverare.
Anche i cassetti venivano svuotati, ripuliti, riordinati e quest'ultima incombenza l'avrei voluta per me perchè i cassetti m'incuriosivano per via di quei misteri che gli adulti celano ai piccoli e per quegli oggetti dimenticati, o che si pensavano persi, che riapparivano come conigli dal cilindro del prestigiatore.
Naturalmente la mamma non era d'accordo nel lasciarmi frugare fra scartoffie, documenti e santini ed io le stavo alle spalle intralciandole il lavoro.
Fra ricevute e documenti, vedevo spuntare cartoline in bianco e nero, biglietti ripiegati e immaginette sbiadite di santi su pizzi di carta. E poi c'erano le memorie dei defunti con la foto al centro e le due date vicine, dove l'assunto in cielo era quasi sempre irriconoscibile per via della scelta di ritrarlo, a futura memoria, giovane. Mi sono sempre chiesta come si potesse associare il ricordo dello scomparso a quello sconosciuto...
In una scatola di latta, orfana dei biscotti che aveva contenuto, la mamma conservava foto piccine e scure, divise in piccoli pacchetti di carta velina. Da lì, persone anziane col viso di porcellana guardavano con occhi severi gli incauti profanatori di scatole. Chi erano mai? Parenti, amici di gioventù, diceva la mamma che non poteva sostare troppo fra i ricordi e, ordinata e veloce, separava, aggiungeva, toglieva secondo un nuovo ordine che si traduceva in mucchietti ben allineati sul letto matrimoniale.
Fra le altre, ricordo la foto di una persona in abiti femminili con un paio di baffi scuri sul labbro superiore. Una cara zia materna le somigliava parecchio ed aveva anche lo stesso nome, ma non era sicuramente lei perchè i baffi mica li aveva. Poi il dubbio mi face immaginare la vecchia zia radersi ogni mattina come faceva il babbo... Ah, dovevo smetterla di trastullarmi con quel pensiero per non offendere, neppure in segreto, la cara zia ma da quel giorno, ogni volta che venne a farci visita, tenni d'occhio il suo labbro superiore dove non colsi mai prova alcuna a suffragare il mio sospetto.
Beh, non fosse stato per tutto quel lavorìo, per la fatica e quell'aria di disastro che pareva incombere su quelle parti della casa che non fossero state pulite a fondo, la visita del parroco avrebbe rappresentato solamente l'eccezione fra i lenti giorni tutti uguali. Ma eccezionale era sicuramente la mamma che, sfinita da tanto lavoro, apriva la porta di una casa immacolata al parroco, sorridente e tranquilla come si fosse appena alzata dalla poltrona.
(Sari)
I miei ricordi del giorno di Pasqua non sono particolari. Messa solenne lunga lunga con inaugurazione dei vestiti primaverili anche se pioveva o faceva freddo perchè, diceva mia nonna, era il giorno in cui bisognava sgusciare fuori dai cappotti. Poi gran pranzo tutti insieme a casa di mia nonna come in tutte le feste importanti.
I miei ricordi più belli sono però per i giorni precedenti la Pasqua quando c' erano le visite ai Santi Sepolcri.
Ogni chiesa allestiva una cappella a simulacro del Santo Sepolcro con tappeti, candele, lumini e vasi di fiori.
Le chiese più belle e ricche avevano tanti fiori, che all' epoca non erano così comuni , le chiese povere di periferia avevano pochi vasi fioriti e tanti vasi di edera e di grano bianco. Il grano bianco era grano comune, coltivato al buio, che assumeva un colore diafano, quasi bianco.
La visita ai Sepolcri era come un piccolo pellegrinaggio perchè bisognava visitarne almeno tre o molti di più, ma sempre in numero dispari.
Quando si scioglievano le campane era uso lavarsi gli occhi con acqua corrente, anche in strada si vedevano le persone avvicinarsi alle fontanelle.
(Mama da Torino)
La mattina di Pasqua si faceva colazione con la crescia brusca, la crescia dolce, l'uovo benedetto sodo, qualche fetta di salame e il tutto bagnato con un po' di vermouth di cui anche noi bambini potevamo averne qualche goccia, quel tanto che bastava a farci aspettare la Pasqua per il resto dell'anno.
Alle nove andavo alla messa a san Domenico con nonno nei banchi di legno dietro l'altare, tra gli uomini.
(Massimo da Urbino)
A Firenze per Pasqua c’è lo scoppio del carro non mi dilungo, ma troverai tutte le curiosità nel link. In casa nostra la Pasqua è sempre stata festeggiata in casa e mai fuori, con le uova benedette e scambiandoci qualche ciocca di ulivo benedetto.
Il cibo era a base di agnello in forno con patate e cotolette di agnello fritte.
Della serie che per sei mesi l’agnello era bandito da tavola altrimenti belavamo!
Non ricordo niente di particolare se non qualche uova di cioccolato.
(Arcangela da Firenze)
In casa mia solo le nonne erano pie e seguivano gli eventi sacri, ricordo la visita delle 7 chiese come un pellegrinaggio stancante e noioso, ma ero piccola. Poi c'era l'ulivo benedetto e le uova sode, poi io mi sono dimenticata di tutto e oggi non seguo più.
(Sticla da Firenze)
La mattina di Pasqua, a colazione, nella mia casa di ragazza, si mangiava l'uovo sodo benedetto seguito dalla ciambella bolognese che la mamma aveva cotto il giorno prima nella bottega del fornaio. Ricordo le vigilie di Pasqua e le donne con le teglie in mano, coperte da un canovaccio, che portavano i piatti festivi a cuocere, ognuna con le raccomandazioni per una particolare cottura.
A pranzo si mangiavano lasagne verdi bolognesi, gli arrosti e le novelle verdure della stagione buona. In quel giorno si "spianava" il nuovo tailleur estivo e si andava a Messa tutti insieme. Tutti tranne il babbo che non vedeva di buon occhio la chiesa ma taceva per non dar troppo dispiacere alla mamma.
(Sari da Bologna)
Il ricordo della Pasqua di quand'ero piccola ha due facce: una tristissima e l'altra che era uno scoppio di felicità e commozione anche perchè era finita una tristezza che mi faceva soffrire parecchio ( il calvario di Nostro Signore è una delle storie più truci che abbia mai sentito...), comunque da noi, durante la settimana santa prima della Resurrezione, non si poteva cantare, c'erano i Sepolcri da visitare, chiese buie e donne scure in preghiera e al centro lumini e piatti di grano tenero fasciato da nastri colorati.
Poi ricordo l'esplosione di gioia allo scampanio festoso quando si annunciava la Resurrezione, per me era come liberarmi da una cappa nera pesante, tanto la drammatizzazione della morte di Gesù Cristo era così sentita dalla bambina che ero.
Poi c'era il pranzo di Pasqua che era modesto ma buonissimo: orecchiette, agnello al forno con patate, carciofi fritti tenerissimi e scarcelle con le uova.
(Tinal, barese or milanese)
Nel Veneto per tre giorni le campane non suonavano e per indicare l'inizio della Messa, a mezzogiorno e per l'Ave Maria, si suonava la "racoeta". Uno strumento di legno sonoro che facendolo girare imitava la raganella. Specialmente a mezzogiorno davanti la chiesa c'era un parapiglia tra ragazzini per suonarla, con grande fatica del sacrestano che diceva loro: "Perchè la mattina alle 5.00 non c'è mai nessuno?" Allora l'Ave Maria mattutina si suonava così presto, non come adesso che qui a Roma non si può suonare prima delle 8.00. Il suono delle campane disturba mentre a me mette tanta allegria, a qualunque ora.
Un'altra cosa che ricordo è che alle ore 10.00, quando scioglievano le campane, tutte le mamme con bambini da 9 mesi in su facevano loro attraversare la strada con i piedini per terra e tenendoli sotto le ascelle. Così avrebbero cominciato a camminare presto.
A Pasqua si mangiava e si mangia tuttora l'agnello.
Qui a Roma si mangia l'abbacchio e la coratella d'abbacchio con i carciofi.
Anche da noi si facevano i "Sepolcri". Ora hanno cambiato loro il nome e lo chiamano "Altare della Deposizione". Qui a Roma si visitano ancora in numero dispari. Confondono la Fede con la tradizione (io la chiamerei superstizione)
Mia mamma, il giorno delle Palme, mi faceva indossare un vestito (di solito era un tailleur oppure vestito e soprabito) primaverile nuovo.
(Solare, una veneziana a Roma)
Ho letto i tanti ricordi postati e in tutti c'è il richiamo alle tradizioni,io dico per fortuna,segno che qualcosa di antico,di passato lo abbiamo ereditato e parlandone lo trasmettiamo anche.Molti usi erano comuni,anche in regioni diverse e lntante geograficamente.Grazie Sari,per questa raccolta di memorie.A te ed agli amici che hyanno contribuito con le loro condivisioni,gli auguri di una Pasqua serena e di giorni di armonia.
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